a bullet to the head 2012


Pur restando un mistero il criterio con il quale una produzione decida di acquistare i diritti di un’opera, in questo caso la graphic novel “Du plomb dans la tête” letteralmente del piombo in testa, di Alexis Nolent ed illustrata da Colin Wilson, accetto il fatto che se il prodotto finale non distrugge quel poco di credibilità del mezzo, attraverso il quale si esprime, il tempo speso a guardarlo è comunque valido. Come accennato si tratta di una graphic novel francese, per molti versi, una cosa abbastanza rara e non perché non ve ne siano in giro ma proprio perché la scelta e l’acquisizione di questi diritti resta comunque un fatto eccezionale.

Posso affermare senza tema di smentita che con una produzione di quasi 55 milioni il risultato è discreto, avessero usato lo stesso principio (e forse la stessa passione) per Dylan Dog (poco meno di 20 milioni profusi come sforzo produttivo) oggi forse avremmo altre pietre di paragone ma è anche vero che a maggiori aspettative spesso e volentieri si ricevono sonore cantonate e delusioni, ho imparato con il tempo, nel tempo a non aspettarmi nulla di buono ogni volta che davanti a me si accende il proiettore… alcune volte resto piacevolmente sconcertato e altre volte, la maggior parte resto fedele al mio principio. Si rimane favorevolmente stupiti da alcune scelte nei dialoghi, nulla di eccezionale ma un paio di volte gli spunti usati strappano un sorriso, insomma le caratterizzazioni saranno anche nella media ma è indubbio che Stallone fornisca una prova più che adeguata, sia fisica che interpretativa, a differenza di quanto si possa pensare Stallone è anche uno sceneggiatore, professione alla quale è tutt’ora dedicato e da sceneggiatore/regista/attore spesso i meccanismi, atti a scatenare i motori ricettivi nel pubblico, sono molteplici e, se possibile, ben più complessi di quanto ci si possa immaginare.

L’azione e la violenza sono ben miscelate, non manca nulla, non ci si dovrebbe attendere nulla di meno da un film come questo. Il cast del resto si compone in modo molto omogeno e ritroviamo oltre a Stallone e Kang, il buon “vecchio” Christian Slater, il giovane cimmero Jason Momoa e la solida regia di Hill. Walter Hill, proprio lui, lo sceneggiatore di Aliens e il regista di film come I guerrieri della notte, 48 ore, ancora 48 ore, Danko, Johnny il bello, Chi più spende più guadagna, Geronimo che hanno lasciato un segno indubbiamente in tutti coloro come il sottoscritto che, questi film, li hanno visti e rivisti. L’impressione di Walter Hill è di uno con le palle il McTiernan del poliziesco se vogliamo. Ogni aspetto della società all’interno della quale i nostri protagonisti si muovono ed agiscono è portato all’estremo, tinte forti ma adatte al tono del film.

Per chi non avesse familiarità con la storia, e scommetto che siano in molti, un sicario (Stallone) in seguito alla morte dei suoi colleghi diciamo così in affari, si allea con il detective di Washington (Sung Kang) nella bella, tenebrosa e spesso alterata New Orleans e senza fare troppi complimenti ridipingeranno di rosso l’ambiente nel tentativo di bloccare l’occulto avversario (Momoa).

Kang e Stallone quindi si confronteranno su vari livelli, sui rispettivi metodi, sulle proprie differenze e questo non può che arricchire e rendere corposa la storia. Stallone è sicuramente in forma, la storia inoltre è stata plasmata per farlo eccellere in ciò che normalmente caratterizza gli aspetti dei personaggi da lui interpretati e Jimmy Bobo non fa eccezione. Gran duelli, grandi scene di azione, la mano di Hill si sente e si vede tutta. Non si può non provare una punta di rammarico rileggendo il nome di Hill di nuovo alla regia in un genere che comunque è a lui abbastanza congeniale. Se Stallone si riconferma dopo l'ottima prova in Expendables 2,

Momoa va in crescendo, diventando via via sempre più l’avversario di spessore. Non mi convince del tutto Kang ma è solo una postilla, non pregiudica l’insieme, chissà perché lo vedo sempre al volante di un auto ma tant’è. In questi casi la storia non necessita particolari complessità, non si cerca la profondità dei dialoghi o le interpretazioni mirabilmente sconvolgenti. Hill conferma la propria mano, gestisce il cast, ordina l’azione che ci vuole e non si vergogna a spappolare materia cerebrale e teste, sana violenza, pochi fronzoli, poco fumo e molto arrosto rigorosamente al sangue e per valutare questa specie di ossimoro latente va bene così.

Consiglio in modo del tutto spassionato la lettura del lavoro originale anche dopo la visione del film, i lettori ne risulteranno arricchiti ad ogni modo. Tralasciando senza fare alcun paragone "A history of violence", al quale mi riferisco in quanto a grana e ruvidezza dell’azione, a contrasti emotivi e all’uso della violenza spesso immediata ed improvvisa ma semplicemente pura allo stesso tempo, Cronenberg è sempre un punto luminoso qualunque sia il genere di film che intenda fare, la mia opinione su "Bullet to the head" è comunque positiva, certo, se vi fosse stata maggior cura nella produzione considerando la cifra non indifferente impiegata e relativamente ai dettagli, maggiore consapevolezza dei propri mezzi, questo film sarebbe stato senza dubbio un prodotto molto più solido ma ci si può comunque accontentare, ovviamente, non è un film per tutti, il genere sconsiglia ed allontana naturalmente il pubblico delle famiglie e tuttavia chi vuole immergersi in un bagno di sangue potrà trovare ottimi riscontri.