Un grande regista potrà fare a volte film mediocri ma un regista mediocre farà solo film mediocri. Questa non è un'opinione personale ma è un dato di fatto. Nel cinema non v'è posto per la democrazia. Per fare un film serve un regista ed è lui che decide e da questo dipende, in gran parte, il successo oggettivo del risultato finale. Valutare un film in base agli incassi o alla quantità di pubblico che vada in sala non è un metro di giudizio affidabile. Non si può andare incontro ai gusti di tutti e non si può fare un film per tutti. Accettare anche solo uno di questi compromessi pregiudica la qualità del risultato a priori. Questo riscontro salvo rare eccezioni, da circa trent'anni a questa parte. Cedere alle logiche di mercato sacrificando l'anima di una buona storia è terribile.

Questo spazio, Movierama (www.movierama.it), è qualcosa a cui abbia sempre pensato e, da un pò di anni, con alterne fortune mi ci dedico. L'ho realizzato al fine di riporvi ed esporre alcuni concetti. Il cinema è arte certo, il cinema è finzione, il cinema resta soprattutto un mezzo di espressione. Utilizzare al meglio questo mezzo non è da tutti. Ci sono molti buoni registi, ci sono ancor più registi mediocri ma i registi davvero bravi sono un numero davvero esiguo. L'evoluzione tecnologica oggi, consente la realizzazione di un film con un numero davvero irrisorio di risorse. Il punto non è realizzare un film, il punto è avere un film con un'anima e l'anima può dartela solo una storia, una storia degna di essere raccontata.

Parte tutto da una storia amici miei, si deve avere una storia e la storia può essere di due tipi, può essere una storia originale oppure un adattamento. Una storia orginale è spesso quella che un regista (o un autore) abbia in mente da diverso tempo, in incubazione e, al momento adatto, la esprime attraverso ciò che è un lavoro ma soprattutto passione cristallina. Il risultato potrà essere persino controverso ma l'originalità della storia, a mio modesto ed insindacabile parere, è una garanzia importante nel valutare l'opera finale.

Un adattamento è la trasposizione di una storia già narrata attraverso altri media di comunicazione, un libro, una piece teatrale, una trasmissione radio o un serial per la tv. La bontà dell'adattamento è senza dubbio un punto cruciale nello sviluppo. Da un lato, infatti, deve essere fedele all'originale e per fedeltà, intendo l'essere vicino almeno allo spirito originale espresso dalla storia, dall'altro deve essere in qualche modo fruibile eventualmente senza però rinengare il primo assunto, la fedeltà. Per ovvi motivi che non starò qui a spiegare i modi ed i tempi della lettura sono naturalmente diversi dai modi e dai tempi della radio che sono ulteriormente diversi ed articolati dai tempi e dai modi del grande schermo. Ciò che possa funzionare tra le righe lette non sempre funziona in solo audio e, a maggior ragione, non sempre funziona con le immagini. Una buona storia può anche essere trovata per caso ed allora il primo passo è acquisirne i diritti per poterne poi realizzare un adattamento. Attenzione però, i diritti e la loro acquisizione rappresentano un'arma a doppio taglio per chi li cede, essi infatti spesso danno la marcata e concreta possibilità, a chi li detiene, di stravolgere la fonte e la conseguente storia a monte dell'acquisizione di determinati diritti ed allora si crea un ulteriore paradosso. Si ha una storia e un conseguente adattamento che non rispetterà alcun canone della fonte originale ma diverrà qualcosa di diverso, a torto o ragione ma ne faccio una questione di integrità di principio e anche se declinare la propria esistenza per assoluti non sia ben visto, il cinema non è democrazia, nel cinema non v'è spazio per la democrazia.

L'evoluzione di un mezzo di comunicazione è necessariamente legata all'evoluzione del contesto nel quale esso viene espresso o coadiuvato ed al quale esso si debba necessariamente rapportare. Cinquant'anni fa, la produzione cinematografica era necessariamente più lenta, in un solo anno il numero di produzioni per il grande schermo era sensibilmente minore rispetto ad oggi e, anche per questo motivo, ognuna di queste produzioni attecchiva con incredibile facilità nel pubblico, sia in modo positivo che viceversa. E' semplice ricordare proprio per questo motivo film divenuti legendari, film e storie come anche gli stessi protagonisti. La fama di un film di questo tipo può non essere quindi legata alla qualità della storia ma al favore ricevuto nelle sale poichè, essendo facilmente definibile in un contesto molto più scarno all'epoca, rimane oggettivamente nell'immaginario e nella memoria collettiva anche a distanza di decadi.

Ma cos'è il pubblico e come si soddisfa? Il pubblico è una bestia mutevole e cangiante. Non ha una singola identità ma molteplici, è un elemento tanto discriminante quanto controverso, inaffidabile, volubile, permaloso e umorale. Qual è il pubblico di riferimento? Un campione eterogeno accuratamente selezionato su basi di egregia statistica? Una comitiva di suore in gita? Il risultato del terziario in vacanza fuori porta? Studenti e genitori? Lavoratori e operatori del settore? Casalinghe e stagnari? Baroni ed esegeti? Signori e amanti, sindaci, assessori, piccoli portaborse e agenti segreti? Signori, il pubblico non esiste, il pubblico non è il fattore necessario e/o sufficiente a giudicare un'opera cinematografica. Un regista, fondamentalmente, realizza un film principalmente per se stesso, è un desiderio, è un obiettivo, una tappa del proprio percorso creativo, è anche un prodotto da vendere ovviamente perchè, in ultima analisi, non si vive di sola gloria ma il genio, se tale, è egoista di natura. Un grande regista, quindi, deve essere artisticamente egoista nella migliore delle accezioni.

Oggi l'era delle grandi major non esiste più o quasi, esiste solo una grande major che apporta un controllo a volte talmente subdolo da risultare del tutto invisibile al consumatore e fruitore medio. Quando le major per antonomasia esercitavano il proprio dominio su produzioni, attori e registi, solo pochi di questi riuscivano ad eccellere riuscendo anche a spostare questo fulcro di controllo dalle major a proprio favore, Oggi, escludendo la Major di cui sopra, della quale non farò il nome, esistono altri controllori. Alcuni sono istituzionalmente riconosciuti e sono sempre esistiti con risultati a volte certamente discutibili e anche questi non verranno qui elencati, dovreste essere in grado di determinarli. Altri sono del tutto nuovi se rapportati ad un modo di operare che si evolve costantemente. Non esistono più attori sotto pagati e perennemente al guinzaglio e non esistono più o quasi padroni di catene. E' innegabile che l'industria cinematografica abbia un indotto relativamente vasto, in media una produzione ai giorni nostri per un film di medio budget porta uno sviluppo, lungo tutto il proprio ciclo, di circa dieci o dodicimila posti di lavoro. Questo numero lievita sensibilmente per produzioni piú importanti, si può arrivare sino a quindici o diciassettemila e con questo mi riferisco a medio grandi produzioni d'oltre oceano.

Premesso questo, l'aspetto economico, quantunque suggestivo, non deve offuscare la valutazione d'insieme. Cosa è quindi essenziale nell'approcciarsi ad una valutazione di codesto tipo? La storia prima di tutto, la storia prima del genere, la storia prima degli intepreti, la storia e la reale trasposizione della stessa nei canoni e nei principi è l'unico metro di giudizio necessario.

Dopo la storia viene il regista soprattutto se la stessa è originale e non una trasposizione o adattamento. La storia può far grande un regista ma senza un buon regista nessuna storia potrà essere raccontata.

Dopo il regista viene il doppiaggio. Il doppiaggio è un punto essenziale, da sempre preferisco al doppiaggio la lingua originale tuttavia, un buon doppiaggio contribuirà alla fruizione finale da parte del pubblico. Non è difficile avere un buon doppiaggio, basta avere tempo e denaro. Sfortunatamente al giorno d’oggi non si ha più a disposizione il tempo di cinquant’anni fa per un intero doppiaggio e sfortunatamente i costi risultano essere molto ma molto più alti. Ogni doppiaggio inoltre ha sempre un supervisore che è inviato dalla casa di produzione al fine di controllare ed assicurare la migliore riuscita dello stesso. La figura del supervisore però non è sufficiente ai fini di un buon risultato finale, qui entrano in gioco l’esperienza del direttore del doppiaggio, l’adattamento dei dialoghi e in ultima analisi gli stessi doppiatori.

Alcune considerazioni. È ovvio che se per un'intera linea di doppiaggio di film negli anni sessanta, ci si potessero anche impiegare due mesi, per l’eventuale ridoppiaggio attuale si avranno a disposizione, oggi, al massimo due settimane. La qualità del doppiaggio è direttamente proporzionale al tempo ed al denaro investiti dalla casa di produzione, non sempre queste due discriminanti sono adeguate a garantire un risultato ottimale. La qualità media del doppiaggio è molto alta, l’eccellenza ha bisogno di un lavoro molto più lungo e questo a prescindere dalle voci impiegate che spesso, sono unilateralmente scelte dalla casa di produzione del film in uscita. Non è possibile sindacare su ciò, il sistema funziona in codesto modo.

Concludendo, si deve asserire che una produzione sia da preferirsi in lingua originale, quando questa risulti ostica si dovrebbe optare per i sottotitoli in lingua, ove la lingua non sia proprio compresa allora ecco che il doppiaggio rivesta un ruolo del tutto pivotale.